Pierre Huyghe si è sempre interrogato sul rapporto tra l’umano e il non umano e concepisce le sue opere come finzioni speculative da cui emergono altre forme di realtà possibili. Le finzioni sono per lui “veicoli per accedere al possibile o all’impossibile—a ciò che potrebbe o non potrebbe essere”.
Con “Liminal”, Pierre Huyghe trasforma Punta della Dogana in uno spazio dinamico e sensibile in costante evoluzione. La mostra è una condizione transitoria popolata da creature umane e non umane e diventa il luogo in cui si formano soggettività in perenne processo di apprendimento, trasformazione e ibridazione. Le loro memorie si amplificano grazie alle informazioni captate a partire da eventi, percettibili e impercettibili, che attraver sano la mostra.
L’esposizione si apre con l’opera omonima Liminal, una simulazione di un personaggio enigmatico dalla forma umana, spogliato di tutto, senza mondo, senza cervello e senza volto. Questa figura è un passaggio tra mondi che non si conoscono, tra la nostra realtà sensibile e un’entità inumana, ed è attraversata da forme nascenti di cognizione e sensazione, tra cui un organoide cerebrale che reagisce al dolore.
Contemporaneamente, voci sconosciute risuonano nelle sale. Una lingua inedita, Idiom, si autogenera e si sviluppa durante tutto il periodo della mostra, grazie a maschere capaci di captare stimoli esterni, indossate da personaggi che si muovono nello spazio di Punta della Dogana.
Proseguendo nel percorso, il film Human Mask rivela una scimmia che indossa una maschera umana e che, da sola, ripete gli stessi gesti, come un automa, in un ristorante abbandonato nei dintorni di Fukushima, in Giappone.
Al centro di Punta della Dogana, il film Camata montato in tempo reale, senza inizio e senza fine, mostra un rituale sconosciuto e in costante evoluzione, eseguito da grandi macchine robot su uno scheletro ritrovato nel deserto di Acatama in Cile. Assistiamo così a uno scambio tra un’entità incorporea e un corpo umano senza vita.
Il percorso continua presentando una serie di immagini mentali, prodotte dall’attività cerebrale di una persona mentre immagina Annlee, un celebre personaggio d’animazione. Catturate da un’interfaccia neuronale, queste immagini, risultato di una copro duzione tra l’umano e l’artificiale, si moltiplicano al ritmo della suddivisione di cellule cancerogene e vengono trasformate costantemente dagli elementi esterni presenti nell’ambiente.
Per Pierre Huyghe, l’esposizione è un rituale imprevedibile, in cui si gene rano e coesistono nuove possibilità, senza gerarchia o determinismo. Con “Liminal”, l’artista rimette in discussione la nostra percezione della realtà fino a diventare estranei a noi stessi, da una prospettiva altra rispetto a quella umana, bensì inumana.
L’esposizione è accompagnata da una guida e da un catalogo pubblicato da Marsilio Arte, Venezia, in collaborazione con Les Éditions Dilecta per l’edizione francese, con testi di Tristan Garcia, Patricia Reed, Chiara Vecchiarelli, Tobias Rees e una conversazione tra Pierre Huyghe e Anne Stenne.