Curata da Letizia Ragaglia e Diego Sileo, Andante con moto indaga nello specifico un aspetto fondamentale del lavoro di Liliana Moro, il suono, che viene evocato già a partire dal titolo. Nel percorso espositivo il suono diventa materia. Le opere di Moro non sono fatte per essere contemplate, ma coinvolgono il pubblico e lo invitano a porsi in ascolto, chinarsi, girare attorno a uno spazio, alzare lo sguardo, camminare su vetri rotti. La produzione artistica di Moro ha conosciuto diverse fasi e ha esplorato differenti mezzi espressivi oltre al suono, come le parole, la scultura, la performance, il disegno, il collage, con una particolare attenzione allo spazio. Le opere dell’artista sono spesso composte a partire da oggetti e situazioni quotidiane e invitano lo spettatore a guardare oltre ciò che è solo apparentemente ovvio. Un mondo che mette in scena una realtà allo stesso tempo cruda e poetica. La dimensione politica ha un carattere di rilievo nella ricerca di Moro ma non si traduce in illustrazione di contenuti, al contrario riguarda la modalità di relazione con lo spettatore.
A dare avvio al percorso espositivo è una foto scattata dalla stessa Liliana Moro – e qui riprodotta su wallpaper – che sintetizza due elementi fondanti del progetto: la città di Milano attraverso una veduta di via Breda degli anni Ottanta, scattata dal balcone della sua casa, e il suono attraverso l’immagine di un microfono che diventa un invito ad ascoltare le voci della città. Sul pavimento della stessa sala è disposto il lavoro In No Time (2024): una coperta di pile color giallo stradale arrotolata e chiusa da due cinghie rosse che emana il rumore discontinuo di una goccia che cade in modo non ritmico. L’artista invita qui a prendersi cura di ciò che abbiamo davanti non solo con la vista ma anche con l’udito.
Da una suggestione legata ai viaggi, alle migrazioni, ai nomadismi nasce l’installazione Le nomadi (2023), composta da una serie di zaini dai quali fuoriescono voci femminili: ogni zaino rappresenta un’esistenza che racchiude e porta con sé tutto ciò che le è essenziale, inclusa la voce. Ogni elemento della composizione ha un nome di donna ispirato alle diverse figure femminili che hanno influenzato l’artista nella sua formazione, come ad esempio Maria con le più famose arie intonate da Maria Callas. Con Moi (2012) il visitatore è invitato a entrare nell’opera composta da dodici casse acustiche disposte in cerchio. Il testo diffuso è letto dall’artista stessa ed è una breve sintesi della sua performance del 1997 Studio per un probabile equilibrio in movimento. Lungo il percorso troviamo l’opera La passeggiata (1988), una serie di pattini a rotelle privi di lacci e legati tra loro da catene che ne impediscono il roteare. Il lavoro è stato realizzato nel 1988 per la collettiva Politica del, per e riguardante il cittadino, la prima mostra di Moro in uno spazio pubblico.
Sulle pareti esterne alle sale è allestita l’opera E le stelle stanno a guardare (2008-2009): l’artista ha raccolto per un intero anno, da settembre 2008 a settembre 2009, i numeri del settimanale italiano Internazionale, affiancando alla copertina di ogni numero l’oroscopo del proprio segno zodiacale, il Capricorno, pubblicato di volta in volta nella rubrica curata da Rob Berzensky nel medesimo giornale.
La zona del PAC con le grandi vetrate luminose ospita l’installazione Spazi (2019) che raggruppa tutte le maquettes realizzate da Moro per le sue esposizioni personali a partire dagli anni Novanta, svelando con accuratezza e precisione il modo in cui è stata sempre concepita la relazione tra opere e ambiente nel lavoro dell’artista.
La mostra si conclude al primo piano con Andante con moto, realizzata nel 2023 ed esposta per la prima volta al Kunstmuseum di Vaduz.